La consulenza giudiziaria può prevedere l'intervento di
professionisti che svolgono la propria opera non tanto per il
giudice quanto per le parti in causa: il loro ruolo è detto
consulente di parte. Il consulente tecnico di parte non è altro
che un libero professionista, di regola operante in un
determinato campo tecnico/scientifico, al quale una parte in
causa -attuale o potenziale- conferisce un incarico peritale in
quanto ritiene l’incaricato esperto in uno specifico settore. In
sostanza se un soggetto è coinvolto in una causa pendente o
intende intraprenderne una (il caso dell’accertamento tecnico
preventivo)- incarica una persona di propria fiducia (il
consulente di parte appunto) affinché questa affianchi il
consulente tecnico nominato dal giudice nell’esecuzione del suo
incarico e svolga le proprie osservazioni a supporto o critica
del risultato al quale il perito del giudice sarà giunto.
In questo modo ciascuna parte in causa, di
fronte alla nomina di un ausiliario tecnico da parte del giudice
(il CTU infatti aiuta il giudicante nella risoluzione di
problemi tecnico/scientifici ai fini della decisione della
controversia), può essere difesa in modo appropriato in ragione
della specificità delle osservazioni che il CTU, auspicabilmente,
porterà all’attenzione dell’organo giudicante. Il consulente di
parte assume un ruolo fondamentale per la risoluzione di
questioni che, sempre più spesso, dipendono da valutazioni di
carattere tecnico molto precise, operando all’interno di un
rapporto professionale completamente disciplinato dal diritto
privato. Il consulente tecnico di parte, infatti, è sempre
pagato dalla parte che lo nomina (la quale potrà, al limite ed
in caso di vittoria in causa, recuperare le spese di causa tra
le quali rientrano quelle relative al proprio consulente) ed ha
diritto di essere compensato in relazione alla propria parcella
professionale (se presente), ma anche in base ad una eventuale
convenzione stipulata con il cliente (la quale dovrà rispettare
pur sempre i minimi previsti dalla propria tariffa
professionale, potendo derogare invece ai massimi).
L’intervento dei consulenti di parte alle
udienze ed, in genere, alle operazioni svolte dal CTU è –di
regola- previsto dalla legge come una semplice facoltà (in
quanto opera nell’esclusivo interesse della parte che intende
farsi assistere dal perito) e non come un obbligo. La
circostanza fa si che in molti casi, anche se sarebbe sempre
auspicabile una partecipazione attiva del consulente di parte in
modo tale da rendere efficace il suo intervento, non sia neppure
richiesto un impegno che lega il professionista alla burocrazia
dei tribunali. Di frequente il contributo del consulente si
risolve nella stesura di osservazioni tecniche e nel loro
deposito presso la cancelleria del tribunale, senza che la
macchina della giustizia possa in alcun modo interferire
negativamente sul suo lavoro, e maturando nei confronti di chi
lo ha incaricato il diritto di essere compensato per l’opera
svolta fino da subito, a prescindere da liquidazioni da
effettuare ad opera del giudice.
Al contrario del consulente tecnico nominato dal giudice, il
perito di parte non deve neppure prestare giuramento (come
avviene per i CTU in una apposita udienza) e non è tenuto a
motivare il rifiuto di un incarico perché tutto ciò rientra
nelle sue piene facoltà. È altresì esonerato da qualsiasi
obbligo di cooperazione o quant'altro nei confronti
dell’autorità giudiziaria (obblighi ai quali invece è sottoposto
il CTU), al di fuori del divieto di ostacolare illegittimamente
l’attività del consulente del giudice. Non va comunque
dimenticato che la sua opera deve sempre rispettare i principi
stabiliti dal proprio codice deontologico (se presente) e dai
tradizionali parametri di correttezza professionale, legalità e
moralità.